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È dunque utile una pur generale panoramica sul fenomeno messianico, a partire dal modo in cui esso figuri presentato nella Sacra Bibbia, cui noi facciamo riferimento secondo il canone etiopico sancito dal Re dei Re stesso nell’anno 1953 E.C. (1960/61; per informazioni al riguardo visitare il link: Canone biblico etiopico): vi sono dunque inclusi, in ossequio alla millenaria ed autorevole venerazione di cui tradizionalmente godevano presso
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Chi è il Mashiach (Messia)?
Non sarebbe errato affermare che
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Anche dopo la loro divisione, le tradizioni giudaica e cristiana concordano nell’attribuire all’intera Scrittura questo senso massimamente messianico: se il Cristo fu accolto dai propri discepoli come “Colui del quale hanno scritto Mosè nella Legge e i profeti” (Giovanni 1, 45), il Talmud sa bene che “tutti i profeti profetizzarono soltanto in riferimento ai giorni del Messia” (Berachot 34b; Sanhedrin 99a). In generale, i profeti annunciarono che ai tempi del Mashiach (yemot ha-Mashiach) si sarebbe verificato un rinnovamento spirituale talmente radicale da condurre gli esseri umani a dimorare alla presenza di Dio come era stato per i loro progenitori Adamo ed Eva prima dell’espulsione dal Giardino di Eden. Proprio in conseguenza di questo benefico rinnovamento del rapporto con Dio anche le relazioni degli esseri umani tra di loro e con il resto del creato sarebbero state finalmente risanate, producendosi di ciò segni storicamente tangibili: per citarne soltanto alcuni tra i più rilevanti, la guerra e le violenze avrebbero cessato di esistere, i poveri e gli afflitti sarebbero stati riabilitati, la giustizia sociale avrebbe prevalso universalmente, la conoscenza di Dio avrebbe riempito la terra come l’acqua ricopre il fondo dei mari e persino la natura avrebbe tripudiato al sopraggiungere di quel giorno. Ciò che ne risultava in sintesi significato è che l’avvento del Mashiach avrebbe in un modo o nell’altro segnato un’irruzione di Dio nella storia assolutamente superiore a quelle, pur salvifiche e prodigiose, sino ad allora esperite da Israele, e per mezzo di quest’ultimo dall’umanità tutta.
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Queste aspettative lasciano già intuire quanto la missione del Messia sia concepita, nelle Scritture, in termini fisicamente concreti, come un evento da realizzarsi dunque nella storia e nella realtà visibile, entro i confini del tempo e dello spazio. La mentalità ebraica non avrebbe potuto neppure concepire un’idea di redenzione che riguardasse esclusivamente l’interiorità umana o il mondo spirituale, in quanto non intende le relazioni corpo/anima e terra/cielo secondo gli schemi oppositivi e divisivi che sono invece propri della visione occidentale del mondo, dovuti infatti all’influsso di categorie filosofiche dualistico-pagane sul cristianesimo occidentale; Adonay (il Signore) si era presentato a Israele per la prima volta con un atto salvifico tutt’altro che privo di implicazioni secolari - la liberazione degli Ebrei dalla schiavitù egiziana, spirituale e morale certo, ma sociale e politica nondimeno- e così anche l’avvento del Messia avrebbe dovuto investire la realtà a tutti i suoi livelli.
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Cosa significa il titolo “Mashiach”?
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Letteralmente la definizione di Mashiach indica chi sia distinto dall’ordinario e consacrato mediante un atto di unzione sacramentale. Essa poteva perciò applicarsi ad individui introdotti ad una speciale relazione con lo Spirito di Dio in funzione di specifici compiti religiosi, politici, sociali, come nel caso di sovrani, sacerdoti e profeti. Nondimeno varie occorrenze chiariscono che la dignità “messianica” così intesa potesse essere anche direttamente conferita da Dio a prescindere da qualsivoglia mediazione istituzionale e/o cultuale umana, ed in tal senso il titolo può riferirsi in generale a quanti si trovino in uno stato di particolare prossimità spirituale all’Eterno. In ogni caso, nella Bibbia è soltanto in riferimento al sovrano che esso figura in forma sostantivata, altrove utilizzandosi soltanto come aggettivo; in altri termini, mentre si poteva parlare di un sacerdote o di una devoto unto/messia, il re soltanto veniva nella società del tempo apostrofato come Meshiach ELOHIM, l’Unto di Dio per eccellenza.
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Questo ci aiuta a comprendere come mai anche il Redentore del futuro divenne noto come Mashiach. Giacché infatti le primissime profezie Lo mettevano in relazione al concetto di regalità, annunciando in seguito che si sarebbe trattato di un RE della stirpe di Davide, divenne presto chiaro che Egli sarebbe stato Mashiach / Consacrato al modo dei Suoi antenati regnanti terreni; poiché tuttavia
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La discendenza del Messia
La storia sacra matura progressivamente una serie di segni funzionali al riconoscimento del Messia tra gli uomini. Il primo è che Egli sarebbe stato un nato da donna, giacché soltanto un essere umano avrebbe potuto operare la riconciliazione dell’umanità tutta con Dio a seguito del peccato originario; essendo infatti compito del Messia la riparazione a questa frattura, tradizione ebraiche e proto-cristiane concordano nell’interpretare in senso messianico le parole pronunciate dal Signore contro il serpente tentatore proprio al momento dell’espulsione degli antenati dall’Eden, appena dopo cioè il verificarsi del peccato stesso: “E io porro inimicizia fra te e la donna e fra il tuo seme e il seme di lei; questo ti schiaccerà il capo” (Genesi 3, 15). Il seme di lei deve così intendersi come simbolico riferimento al Messia, che nel Suo avvento escatologico doveva schiacciare il capo al serpente, personificazione del peccato e delle sue conseguenze a tutti i livelli di esistenza.
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L’elezione di Israele, realizzata con la chiamata di Abramo e dei patriarchi suoi eredi, deve comprendersi come categoria teologica e sfrondarsi perciò delle sue strumentalizzazioni etnico-nazionalistiche: con ciò non si intende affermare –lo ripetiamo- che la promessa che ne consegue sia priva di implicazioni sul piano secolare, ma soltanto che il suo concetto vada giustamente interpretato come consacrazione di una nazione –quella ebraica- alla sacra missione di custodia del patto divino in vista della salvezza di tutte le genti, e non dunque in quanto preferenza espressa da Dio nei confronti di una singola entità etnica o politica; sovente fraintesa come la più angustamente nazionalistica tra le dottrine della Bibbia, quella dell’elezione risulta al contrario costituirne il cuore universalistico, e non è un caso, infatti, che al momento della sua elezione Israele neppure esistesse fisicamente, essendo soltanto un potenziale contenuto nei lombi di Abramo e prefigurato nei suoi atti di fede e nelle sue opere di giustizia. Ciò posto, si comprende allora che una simile promessa -proprio per il suo carattere marcatamente universalistico, palesato dalle parole rivolte al patriarca: “In te saranno benedette tutte le stirpi della terra”- acquisisca significato soltanto nella prospettiva messianica, essendo quest’ultima l’unica a garantirne la realizzazione; oltre che un essere umano, dunque, il Messia avrebbe dovuto essere un Israelita, un discendente dei patriarchi Abramo, Isacco e Giacobbe (Genesi 12, 2; 18, 18; 28, 14).
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Profezie messianiche immediatamente successive iniziano a delineare la connotazione regale del Messia; Egli sarà cioè, in ebraico, ha-Melekh ha Mashiach (Re Messia, in etiopico: Negus Mesih). Il nipote di Abramo, Giacobbe/Israele, profetizzò che tra i suoi dodici figli, capostipiti delle altrettante tribù componenti il popolo di Israele, alla stirpe di Judah sarebbe spettato ospitare la regalità, e più specificamente, in seno a questa, il seme messianico (Genesi 49, 10): “Lo scettro non sarà rimosso da Yihuda né il bastone del comando tra i suoi piedi fino a che venga Shiloh/Colui al quale spetta l’obbedienza dei popoli”. Ancora nella Torah, nel libro dei Numeri, si parla del Messia come di “un astro che spunta da Giacobbe, uno scettro da Israele” (Numeri 24, 17). Sul finire dell’epoca degli shoftim (i “giudici”), la madre del profeta e nazireo Samuele, Anna, soggetta ad ispirazione, preannuncia che “il Signore giudicherà le estremità della terra, e darà forza al Suo Re, innalzerà
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Il successivo e definitivo segno per il riconoscimento del Messia affermatosi nella storia sacra è che Egli sarebbe stato un discendente di Davide, il giusto e devoto sovrano di Israele cui Dio aveva appunto concesso questa promessa, l’Alleanza Messianica, espressa nella Bibbia in innumerevoli occasioni (si veda per le principali: Salmo 89; II Samuele 7; I Cronache 17, 11-14; II Cronache 6, 16; Salmo 18, 50; Salmo 61, 6; Salmo 63, 11; Salmo 78, 70; Salmo 122, 5; Salmo 144, 10). Per quanto Davide possa aver in parte meritato tale elezione a motivo della propria rettitudine, anche in questo caso, similmente a quanto affermato in merito all’alleanza abramica, la selezione di una stirpe specifica per la nascita del Messia non deve certo intendersi come preferenza familiare assoluta da parte di Dio, trattandosi al contrario di una scelta mirata a provvedere i segni utili al riconoscimento del Salvatore in cui gli uomini di ogni luogo ed epoca dovranno riporre speranza. Tale promessa, inoltre, non si pone in antitesi con le precedenti, ma anzi le completa, giacché la famiglia davidica, oltre a discendere ovviamente da Abramo, si collocava più specificamente nella stirpe di Judah cui Giacobbe aveva, come si è visto sopra, promesso la regalità.
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Nella mentalità ebraica, pertanto, nessun individuo privo della discendenza davidica avrebbe mai potuto pretendere uno status messianico, e sino ad oggi ciascun candidato messianico della storia ebraica – che fosse veritiero (nostro Signore Iyasus Krestos) o falso (Bar Kosiba, Shabtai Tsevì, Rebbe Schneerson, ecc.) è stato sempre presentato come un davidide dai suoi discepoli. Per quel che riguarda il vero Messia, due dei quattro Vangeli cristiani si aprono attestando appunto la discendenza di Iyasus (Gesù) da David, a dimostrazione del carattere cruciale di tale prerequisito, in assenza del quale, anche a voler proporre una valutazione meramente storica, nessun Israelita avrebbe potuto prendere in considerazione
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Varie tipologie messianiche
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È evidente e accettato che
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La principale tipologia messianica così individuabile è Messianico-Regale, quella cioè di cui si sono già sin qui descritte le fasi iniziali, ma che fu notevolmente ampliata nella successiva epoca profetica. Si tratta del paradigma descrivente il Messia, appunto, come un Re discendente dalla stirpe di Davide che dovrà regnare sul trono da questi inaugurato; nonostante il cristianesimo abbia, per ragioni politiche (teologia imperiale bizantina) e filosofiche (spiritualismo ellenistico), spiritualizzato ogni aspettativa in merito, non vi è alcun dubbio che le numerose espressioni bibliche descrivano il Re Messia come sovrano operante nella realtà fisica, anche politicamente, e parimenti il suo governo come un’entità storico-politica concreta. Si è definita questa tipologia come principale non soltanto in quanto è la più diffusa e radicata nella Bibbia, cui sovente le altre si affiancano in un ruolo ancillare, ma soprattutto perché è invero da essa che la stessa categoria concettuale e linguistica di “Messia” prende sostanza, essendo storicamente mashiach, come si è visto, proprio il titolo cerimoniale dei sovrani dividici.
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A questo paradigma si affiancano altre due tipologie comunque primarie per rilevanza e ricorrenza, quelle definite, dal carattere messianico che descrivono, del “Figlio d’Uomo” e del “Servo Sofferente”, la prima riconducibile alle esperienze mistiche incorporate nella letteratura apocalittica, l’altra principalmente descritta in alcuni capitoli del libro di Isaia pur non mancandone espressioni anche altrove. Su queste tipologie si tornerà a tempo debito e le loro connotazioni risulteranno allora più chiare.
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Quali sono i caratteri del Re Mashiach secondo
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Soffermandoci per ora principalmente sulla tipologia regale e leggendo
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1- Il Messia dovrà essere un discendente della tribù di Judah, e più precisamente un Regnante della stirpe di Davide. Egli insedierà un regno storico nella realtà fisica, sedendo personalmente sul Trono davidico; una Regina sarà inoltre al Suo fianco qual sposa e Gli recherà prole (Genesi 49,10; Giubilei 31, 19-20; I Samuele 2, 10; II Samuele 22, 51; II Samuele 7, 12-14; Salmo 45, 1-8; Salmo 72; Salmo 132, 11. 17-18; Isaia 9, 1-6; Isaia 32, 1; Isaia 11, 1-5; Isaia 16, 5; Geremia 23, 5-6; Ezechiele 34, 23-25; Zaccaria 6, 12-13; Amos 9, 11-12; Osea 3, 5; Geremia 33, 23-26).
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2- Al Suo avvento gli muoveranno guerra le nazioni avide di dominio e bramose di opprimere la terra ed i suoi abitanti, contro la volontà di Dio. Tuttavia Egli prevarrà, le ammonirà nel diritto e nella giustizia con
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3- A seguito di ciò, Egli manterrà un Regno di Pace in virtù del quale i popoli giungeranno a disimparare l’arte della guerra e a mutare i loro strumenti bellici distruttivi in utensili produttivi per il miglioramento della specie; Egli stesso sarà supremo mediatore e operatore di pace (Henok 52, 8-9; Salmo 46, 9; Isaia 2, 4: Isaia 9, 6; Isaia 11, 6; Isaia 52, 7; Zaccaria 9, 10; Michea 5, 5; Salmo 72, 7).
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4- Il suo avvento segnerà il rimpatrio dei dispersi di Israele dai quattro angoli della terra. Allo stesso tempo, però, in Lui saranno radunate anche tutte le altre nazioni, che allora guarderanno all’Unico Dio, al Suo Tempio e alla Sua Santa Gerusalemme (Geremia 23, 7-8; Geremia 30, 9-10; Apoc. Ezra 13, 39-40; Neemia 1, 9; Salmo 14, 7; Salmo 53, 6; Salmo 147, 2; Isaia 2, 1-5; Isaia 11, 12; Isaia 25, 6-8; Isaia 56, 8; Ezechiele 11, 17; Ezechiele 20, 34; Sofonia 3, 10; Geremia 33, 23-26; Isaia 49, 22; Isaia 56, 7).
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5- Il Mashiach è un Essere Umano in carne ed ossa, ma allo stesso tempo è realmente e pienamente Dio, di natura eterna e pre-esistente, e non un semplice uomo mortale. Pertanto Egli riceve titoli divini, e persino il Nome esplicito, il Tetragramma descrittivo dell’essenza di Dio e dunque inapplicabile dalle Scritture a chiunque che non sia l’Altissimo in persona, chiamandosi così ADONAY TSADKENU /Adonay nostra giustizia (Pre-esistenza: Henok 48, 3. 6; Henok 62, 6-7; Apoc. Ezra 12, 31-34; Salmo 110, 3; Michea 5, 2; Dio nella carne: Isaia 42, 13; Henok 25, 3; Giubilei 1, 26-28; Isaia 48, 12-14. 16; Isaia 52, 8; Ezechiele 37, 26-28; Michea 5, 1-4; Zaccaria 2, 10-11; Zaccaria 14, 9; Ezechiele 34, 11; chiamato ADONAY TSADKENU: Geremia 33, 16; chiamato EL GHIBBOR / Dio Potente: Isaia 9, 6; chiamato EMMANUEL / Dio con noi: Isaia 7, 14; 8, 8; chiamato ELOHIM / Dio: Salmo 45, 6 il Suo Nome è la salvezza: Henok 48, 7; Salmo 72, 17).
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6- Il Suo Regno è Eterno e Universale (Daniele 7, 13-14; Salmo 72, 5-7; II Samuele 7, 16; Salmo 45, 17; Isaia 2, 3; Isaia 25, 7; Isaia 56, 7).
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Nota: la ricerca storico-critica contesterebbe qui che le citazioni da Henok e Daniele non sarebbero propriamente da riferirsi alla tipologia davidico-regale. Dissentiamo tuttavia con questo punto non soltanto a motivo del suo fondamento speculativo –non essendo, come si è detto, le varie tipologie artificiosamente e radicalmente separabili, e riferendosi esse a un unico Messia, è inevitabile che si intersechino e sovrappongano fluidamente- ma anche nel suo contenuto specifico, dal momento che: 1) il Figlio d’Uomo ampiamente descritto in Henok è denominato due volte mashiach nel libro, con chiaro riferimento dunque alla Sua unzione regale, e
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Più avanti sarà nostro compito esaminare questi punti singolarmente, rilevandone il compimento nella vita terrena del Re Messia, Qadamawi Haile Sellassie. È ora possibile prendere in considerazione le altre, non meno importanti, tipologie messianiche presenti nelle Scritture Sacre.
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A seguire: il Messia Figlio dell'Uomo nei libri di Daniele, Henok, 4Ezra;
il Messia Servo Sofferente nella tradizione biblica.